domenica 12 gennaio 2014

Cosa diciamo tramite mail ed i social network - Piovono Bufale

Ultimamente mi domando il perchè certe persone, che non ritengo affatto stupide, abbiano il vizio di pubblicare pagine, status, condividere immagini che fanno riferimenti a fantomatiche congiure, malattie inspiegabili, logge massoniche che ci condizionano con rosari maligni, piante che al solo guardarle guarisce anche tuo nonno che non vedi da un mese e chi più ne ha più ne metta.
Queste persone decidono di condividerlo con gli altri perchè, spero, vogliono avvertire gli altri.
Voglio dire cosa tanto copiare su google, non dico riscrivere completamente che poi diventa davvero peggio dei lavori forzati, parte del testo che ci interessa gli altri leggano? Nessuno si domanda: cosa pensano di noi gli altri nel leggere questa notizia?
Io ho fatto una prova e vi assicuro che il 90% di queste notizie sono false al punto che su google la prima pagina suggerita è di un sito che si occupa di smascherare le bufale oppure il riferimento corretto.
Per essere sintetici riporto dal sito Il Disinformatico (http://attivissimo.blogspot.it) una serie di considerazioni sui risultati, possibili, della diffusione sconsiderata di catane di sant'antonio e similari:
  • Quelle che parlano di sostanze tossiche presenti nei prodotti più disparati danneggiano le aziende che li producono: questo significa danneggiare inevitabilmente anche i loro lavoratori.
  • Diffondere una bufala vi fa fare la figura degli ingenui che abboccano a qualsiasi storia senza prendersi la briga di verificarla e senza neppure chiedersi se sia plausibile.
  • Le catene spedite dal posto di lavoro vi possono costare il lavoro! Spesso i programmi di posta aggiungono automaticamente in coda a ogni messaggio il nome del mittente e quello dell'azienda o dell'istituto presso il quale lavora il mittente. Il risultato è che una catena spedita dal posto di lavoro sembra "autenticata" dall'azienda/istituto, che difficilmente gradisce che il proprio nome venga abusato da un dipendente e associato a una bufala.
  • La diffusione di false notizie può portarvi in tribunale. Sono a conoscenza di almeno un caso in Italia in cui l'incauta diffusione di un appello ha avuto conseguenze legali per chi l'ha fatto circolare. Non posso dare dettagli perché mi è stato chiesto di non darli proprio per evitare ulteriori danni alle società e alle persone coinvolte. (aggiungo che la possibilità è remota ma esiste un articolo del codice penale, il numuero 656 che recita "Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a trecentonove euro").
  • Grazie all'inesperienza degli utenti della Rete, le catene viaggiano con centinaia di indirizzi di e-mail al seguito. Gli spammer (i pubblicitari-spazzatura di Internet) usano queste catene per raccogliere indirizzi a cui mandare la loro assillante pubblicità più o meno pornografica, virus e compagnia bella. Se partecipate a una catena di Sant'Antonio, anche il vostro indirizzo finirà nelle liste degli spammer.
  • Questi messaggi diventano spesso enormi (150 K e passa) a furia di accumulare indirizzi in coda. Questo significa che ci vuole tempo per scaricarli, e il tempo è denaro, per chi si collega a Internet con il telefono o il cellulare. In altre parole, spedire catene di Sant'Antonio costa: costa a chi le riceve oltre che a chi le manda.
La domanda diventa quindi "come mi difendo?".
Beh prima di tutto spesso sono messaggi tradotti dall'inglese e quindi dall'italiano un pò zoppicante.
Anche questa volta mi appoggio per pigrizia al sito Il Disinformatico più per pigrizia che per altro visto che spesso basta il buon senso:
  • Parto sempre dal presupposto che tutti gli appelli che ricevo sono bufale fino a prova contraria. Molti utenti, invece, danno per buono tutto quello che leggono sullo schermo del PC. Lo so, il mio è un atteggiamento cinico, ma deriva dall'esperienza: la maggior parte degli appelli è effettivamente falsa.
  • Do un'occhiata alla coerenza interna del messaggio. Ci sono contraddizioni evidenti? Allora è assai probabile che sia una bufala.
  • Poi guardo i dati concreti contenuti nell'appello: riferimenti a date, persone, nomi, aziende, indirizzi, leggi o documenti. Se non ci sono riferimenti precisi, anche questo mi fa propendere per la bufala.
  • Se invece i riferimenti ci sono, li indago tramite i motori di ricerca, come Google: immetto una frase tratta dal messaggio, che va scelta in modo che sia univoca, cioè costituisca una serie precisa e piuttosto insolita di parole che difficilmente compariranno in messaggi diversi da quello che sto cercando. Se non trovo niente nei siti autorevoli (riviste di settore online, CNN, BBC, Amnesty International, per esempio), è probabile che sia una bufala.
  • Sempre in Google, scelgo l'opzione Groups per cercare la stessa frase nell'archivio dei newsgroup.
  • Poi visito i siti dedicati alle bufale celebri, che sono tappe obbligate di qualsiasi indagine su catene come queste. In genere trovo che l'appello è già stato analizzato e sviscerato (autenticandolo o meno) in uno o più di questi siti.
  • Prima di raggiungere una decisione, comunque, cerco di avere più di una fonte, dato che anche le testate più blasonate ogni tanto pubblicano stupidaggini e commettono errori.
  • Come faccio a decidere se una fonte è autorevole? Seguo due criteri fondamentali: il primo è che le agenzie di stampa, CNN e BBC sono autorevoli perché fanno sì degli errori, ma in genere ci azzeccano (o perlomeno ci azzeccano molto più spesso di tante altre fonti). Il secondo è il criterio del tornaconto. Per esempio, se il Papa dice che ha le prove dell'esistenza di Belzebù, lo considero fonte di parte (ha un tornaconto nell'affermarlo). Se il Papa dice che ha le prove che Belzebù non esiste, lo considero fonte autorevole (perché manca un tornaconto, anzi, dicendolo va contro le proprie convinzioni).
Un esempio banale? Stamattina (12/01/2014) trovo in bacheca la foto di un tipo che ha tagliato la testa ad un gatto (oltre i commenti personali di molte persone incazzate)
Primo passo, che faccio, cerco su google. Non mi applico neanche copio praticamente la prima riga della didascalia della foto e trovo dei risultati contrastanti.

 Come si vede persino il Resto del Carlino online abbocca alla bufala...giusto per renderci conto di quanto è potente usare uno strumento come la diffusione virale.
Sotto però già scopro la prima magagna: il Resto del Carlino pubblica una notizia con un anno di ritardo?
Come direbbe il saggio qualquadra non cosa.
Passo ad una ricerca "raffinata"


Ecco che già la cosa assume dei connotati più bufalistici e meno giornalistici.
Clicco sul primo link e trovo la stessa foto, con riferimenti a siti che diffondono la notizia a partire dall'anno passato.
Comunque la notizia non è falsa, cambia solo nome, data e luogo...diciamo che è come trasformare la notizia "Caino ammazza suo fratello Abele" in "Il signor Caio ha ammazzato suo fratello Tizio ieri a Canicattì". Sempre fratelli sono, sempre di omicidio si tratta ma una cosa è decisamente "datata" (sempre ammesso che sia successo per chi diffida della Bibbia).

Come detto...basta il buon senso ed pizzico di sale in zucca e la bufala va giù, come canterebbe Mary Poppins.

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