lunedì 13 gennaio 2014

Marò

Ragazzi io, illo tempore, mi lessi i principi del SUA (o come cavolo si chiama), la legge antipirateria indiana, che prevede chiaramente e senza ombra di dubbio la pena di morte per chi con le sue azioni provoca la morte di qualcun altro.
Non voglio discutere sulla giustizia, sull'etica di quanto detto mi riservo di farlo dopo, seguitermi per un istante.
La situazione, bene ricordarlo, vede gli italiani che volontariamente su consiglio del ministero degli esteri si sono recati li per rispondere a domande riguardante l'incidente. Il tutto si è poi trasformato in arresto ecc..cioè prima, gli indiani, hanno detto "abbiamo un inchiesta per atti di pirateria a carico di un peschereccio fatto così e cosà, voi avete subito attacchi? " il comandante dell'Enrica Lexie risponde di si ed entra in acque indiane.
Primo errore.
Dopo un paio di giorni appare chiaro, da testimoni i marò passano ad imputati.
Le prime reazioni dicono che il SUA non si applica a navi battenti bandiera di paesi terzi o a militari di altri paesi. Non è vero il SUA non si applica a: navi da guerra, navi da supporto di cui la proprietà è di uno stato terzo, navi ritirate dalla navigazione.
Balliamo un balletto squallido in cui teniamo un piede in due scarpe e ci ritroviamo con scenette tragicomiche in cui Terzi prima fa l'eroe e poi il pirla.
Ora la domanda: di cosa dovrebbero accusarli, secondo i governanti italiani, se non di pirateria? E la pirateria, in india, prevede la pena di morte non si scappa.
Cioè secondo l'accusa questi avrebbero sparato a sti pirati/pescatori indiani...mica possono passare da un'accusa di omicidio ad una di consumo illegale di alcolici.
Ogni tanto mi domando se chi parla lo fa giusto per non far marcire i denti in bocca.

Nessun commento:

Posta un commento